Bambini e adolescenti: la psicoterapia

I disagi infantili e adolescenziali non possono essere assimilati tout court a quelli degli adulti, anche perché implicano sem­pre un forte coinvolgimento del sistema familiare nella per­sistenza del disturbo e quindi nella sua possibile soluzione. Proprio per questa peculiarità è ormai ampiamente dimo­strato che gran parte delle difficoltà e dei problemi psico­logici che si presentano in età evolutiva può essere superata non solo senza far ricorso all’uso di farmaci, ma addirittura attraverso un intervento indiretto.

In particolare, quando si parla di bambini raramente è necessario effettuare un trattamento psicoterapeutico diretto, risulta invece più efficace e meno dannoso fornire ai genitori indicazioni concrete su come aiutare il figlio, eleggendoli a «co-terapeuti» nel pro­cesso di risoluzione del disturbo.

Non si deve dimenticare che l’effetto etichettamento nei bambini è più forte che negli adulti, come dimostrato dal famoso studio di Robert Rosenthal sull’Ef­fetto Pigmalione (Rosenthal, Jacobson, 1968). All’inizio del­la scuola, Rosenthal somministrò un test di intelligenza ai bambini di alcune classi e comunicò agli insegnanti di aver individuato un 20% di alunni particolarmente dotati e che avrebbero quindi avuto eccellenti risultati scolastici.. Alla fine della scuola, il rendimento di quei bambini era signi­ficativamente superiore a quello degli altri. Fu solo allora che Rosenthal svelò che gli alunni erano stati scelti a caso, e non sulla base dei risultati del test. Erano state le aspettative degli insegnanti ad aver innescato l’effetto di profezia positiva attraverso una modifica delle loro modalità comunicative. L’effetto Pigmalione deve far riflettere su quanto i bambini strutturino la propria percezione di sé proprio a partire dai rimandi che arrivano loro dalla famiglia e dalla scuola. Se sentono di essere considerati «disturbati», «inca­paci», «fragili» o «malati», i bambini finiscono per aderire completamente all’etichetta ricevuta, trasformando una dif­ficoltà iniziale in una terribile realtà patologica.

Nel caso di adolescenti, invece, l’intervento può essere diretto, indiretto o misto, coinvolgendo anche i genitori almeno in una parte del trat­tamento (Nardone, 2013; Murphy, 2014 ).

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