La timidezza è un tratto assolutamente normale della natura umana, in quanto ha l’enorme valore di indurci a rimanere al sicuro, senza avventurismi di cui potremmo pentirci. È bene che la tribù abbia gente con il pallino dell’esplorazione, tipi ansiosi di andare in avanscoperta quando la solita sorgente d’acqua si prosciuga. E non è male avere gente aggressiva, quando ai vicini viene voglia di menar le mani. Ma per la sopravvivenza quotidiana in condizioni normali, evitare le novità e l’ignoto era di sicuro la mossa vincente.
Ovviamente ci sono persone la cui ansia sociale è assolutamente invalidante, tanto da poter essere definita disturbo mentale. Si tratta però di individui isolati che costituiscono un mercato troppo ridotto per interessare alle case farmaceutiche. La genialità dei colossi farmaceutici sta nell’aver visto oltre questi pochi individui, immaginando un mondo in cui qualsiasi forma di timidezza eccessiva si trasformi come per magia in malattia mentale da curare con un farmaco.
È stata proprio la normalità statistica della timidezza a fornire alle case farmaceutiche un mercato dalle enormi potenzialità. Non c’è nessun confine chiaro a separare la timidezza normale dal disturbo mentale dell’Ansia Sociale.
Contestualmente, parecchi personaggi pubblici che soffrono di timidezza e sono pronti a raccontare entusiasti quanto sia liberatorio avere finalmente una diagnosi e una terapia adatta. I medici, a loro volta, sottoposti ad un intenso bombing (bombardamento) informativo, sono pronti a prescrivere ansiolitici non appena i «pazienti» chiedessero loro un aiuto per ottenere «performance sociali migliori».
E cosi’, nel giro di poco, il Disturbo d’Ansia Sociale è emerso dalla sua condizione di rarità per diventare una stella in rapida ascesa nel panorama diagnostico, uno dei disturbi mentali più comuni e più trattati (Kessler et al 2005).
L’Ansia Sociale, inoltre, ha un’altra caratteristica tale da renderla suscettibile di facili prescrizioni farmaceutiche. Siccome chi viene diagnosticato non è malato per davvero, i miglioramenti sono estremamente facili da ottenere. Si tratta di una popolazione con una spiccata e affascinante tendenza a rispondere al placebo. Una volta che qualcuno (non malato per davvero) comincia a stare meglio a causa dell’effetto placebo di un farmaco (di cui non ha bisogno), è molto probabile che continuerà a prenderlo, come fosse una specie di portafortuna, per non correre il rischio di «far rovesciare la nave». Ecco come nasce un consumatore fedele destinato a durare nel tempo, pur non ricevendo nessun beneficio, ma anzi esponendosi a inutili complicazioni (Bianco, Garcia e Liebowitz 2004).
Photo by Helena Lopes on Unsplash