Panico: un ansiolitico puo’ essere la cura?

Nel 2000 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), ha definito il Panico come la più frequente patologia psicologica e quindi il «best seller» delle sofferenze che affliggono gli esseri umani.

Tutto questo clamore ha reso tale patologia anche una delle principali aree di interesse commerciale della psichiatria e della psicoterapia: sono fioriti promettenti trattamenti di ogni tipo e tutti gli autori più in voga hanno pubblicato sul tema. Ma, una terapia veramente efficace per questo disturbo deve avere alcune caratteristiche precise, che calzino al suo funzionamento psicofisiologico, altrimenti il panico non sarà estinto ma solo parzialmente represso o evitato, e dunque esploderà di nuovo.

Da una prospettiva puramente nosografica, gli attacchi di panico sono stati compresi nel DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) nella categoria dei disturbi d’ansia, un’operazione classificatoria apparentemente innocua e che facilita la procedura diagnostica del disturbo. Ma, nei fatti, questa inclusione nosografica suscita l’idea che sia l’ansia a generare la paura patologica che cresce fino al panico, mentre è vero esattamente il contrario: la paura innesca la reazione fisiologica dell’ansia, la quale si eleva sempre più in corrispondenza dell’elevarsi della percezione di minaccia che l’individuo prova, fino a oltrepassare la soglia della sua funzionalità di meccanismo di attivazione delle risposte dell’organismo e a trasformarsi in ciò che maggiormente spaventa il soggetto in crisi, ossia la perdita di controllo.

Questo rovesciamento della causalità e processualità dell’attacco di panico da parte della nosografia tradizionale porta con sé una conseguenza rilevantissima: induce a ritenere che la via maestra della terapia sia la sedazione dell’ansia tramite farmaci inibitori della sua attivazione.

Se invece si considera l’attivarsi dell’ansia un effetto della percezione di stimoli interni o esterni all’organismo, la via maestra della cura diviene la gestione e la trasformazione delle percezioni di paura che attivano le reazioni ansiose del soggetto nei momenti di crisi.

La classificazione degli attacchi di panico tra i disturbi d’ansia inverte i termini della relazione causale, portando a una distorsione dell’osservazione e valutazione del disturbo e indicando come soluzione più adeguata la terapia farmacologica inibitoria dell’ansia. Soluzione completamente smentita dalle ricerche sistematiche sugli esiti terapeutici dei trattamenti dei disturbi fobico-ossessivi.

Durante un attacco di panico la persona è terrorizzata dalle sue stesse fisiologiche sensazioni di paura nei confronti dello stimolo minaccioso e, nel tentativo di combatterle, le alimenta in quanto reazioni vitali per l’organismo. 

Così il panico produce un effetto (il controllo delle proprie reazioni) che si trasforma in causa del panico stesso.

Ora, l’ulteriore tentativo di controllo delle proprie reazioni d’ansia attraverso l’utilizzo di un farmaco ansiolitico si inscrive nella logica del voler combattere disfunzionalmente delle sensazioni spaventose ma fisiologiche, incrementandole.

COS’È IL PANICO

COME SI FORMA

CREARSI UN DISTURBO DA PANICO

PSICO SOLUZIONI

PREVENZIONE

Photo by Brett Jordan on Unsplash


BIBLIOGRAFIA:

«La Terapia degli attacchi di panico. Liberi per sempre dalla paura patologica», G. Nardone, Ponte alle Grazie, 2016