Dispute coniugali in età avanzata

Quando i figli sono grandi e si è ormai troppo in là con gli anni per avere una tresca, come si può continuare a es­sere infelici nel matrimonio?

I giovani non credono che gli anziani possano avere rapporti sessuali e allo stesso modo credono che non saranno in grado di mantenere l’infelicità coniugale da vecchi. Devono solo far visita al più vicino centro diurno per anziani per riaccendere la speranza. Una coppia che sia stata sposata per tanto tem­po ha sviluppato un tale arsenale di armi dialettiche e ha una tale esperienza nei litigi da non aver bisogno di molto per iniziare a brigare ferocemente.

Per esempio, si può osservare una coppia di sposini che fa acquisti. Il marito prende qualcosa da uno scaffale e dice: “Questo non sa­rebbe male. Ho letto su Consumatori oggi che è il migliore”. La moglie replica: “Secondo me non è un buon pro­dotto. Non compriamolo, non voglio buttare il nostro denaro seguendo i consigli della tua stupida rivista”. Al che il marito dice: “Non è una rivista stupida e io voglio comprare questa cosa e tu non me lo impedirai perché sono io quello che guadagna di più, in famiglia”. La mo­glie ribatte: “Sono sicura che credi di saperne più di me, ma se solo fai entrare quell’oggetto in casa io griderò co­me una pazza, per cui dammelo che lo rimetto sullo scaf­fale”.

Questo complesso scambio di informazioni diviene faticoso, dopo quarant’anni di matrimonio. Il marito di­ce: “Questo?”, prendendo in mano il prodotto. La mo­glie dice: “No!”. Lui replica: “Sì!”. Lei gli prende l’og­getto di mano e lo rimette sullo scaffale. Come un tele­gramma di cattive notizie, queste poche parole sintetizza­no tutte le ore di diatribe e risentimento con le quali riempivano la loro vita da giovani.

Quando una coppia ha recitato la stessa pantomima millequattrocento milio­ni di volte, può seguirne il copione con la stessa precisio­ne con la quale un treno segue le rotaie. Molte coppie di anziani siedono l’uno vicino all’altra, ciascuno sulla pro­pria sedia a rotelle, e se non hanno la forza di prendersi a botte a vicenda, con una sola parola possono evocare tut­ti i loro passati risentimenti senza bisogno di mettere in scena una lite. Hanno ancora i ricordi e l’immaginazione, che sopperiscono alla mancanza di forze per litigare. Quindi, è importante capire che la terza età non è un de­serto, ma una fase nella quale godere comunque di un or­ribile matrimonio, anche se si ha la forza solo per minimi gesti. I vecchi hanno ancora qualcosa cui aspirare. Molti di loro credono che nell’aldilà ritroveranno i loro con­giunti. Possono consolarsi con la speranza di continuare liti interrotte e di cominciarne di nuove, nella loro vita oltre la morte.

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L’idea di descrivere i meccanismi per complicare i problemi anziché quelli per risolverli deriva dalla consapevolezza clinica che gli esseri umani sono prima artefici e poi vittime delle realtà che costruiscono. Come ricorda Von Foerster (2001), «la realtà non è che la costruzione di coloro che credono di averla scoperta e analizza­ta. Ciò che viene ipoteticamente scoperto è un’invenzione, il cui inventore è inconsapevole del proprio inventare e considera la realtà come qualcosa che esiste indipendente­mente da sé».

Negli ultimi trent’anni il sistematico processo di «ricerca-intervento» portato avanti dal Centro di Terapia Strategica di Arezzo, ha permesso di individuare una serie di «tentate soluzioni» messe in atto con l’intento di risolvere  i problemi ma che, in realtà, anziché risolverli, li alimen­tano trasformandoli in vere e proprie patologie (Watzlawick e Nardone, 1997).

Solo se ci si occupa di come i sistemi umani costruiscono i problemi e persistono nel mantenerli si puo’ arrivare a progettare e applicare pratiche strategie di intervento capaci di produrre rapidi e risolutivi cambiamenti in tali sistemi.