Paura delle decisioni

«Appena avrai deciso sarai pronto per prendere una decisione»

La vita ci obbliga continuamente, che lo vogliamo o no, a prendere decisioni e a operare scelte.

E decidere rappresenta sempre un azzardo, così come scegliere espone a continui rischi, ma nessuno può evi­tare del tutto questa condizione esistenziale spesso decisamente scomoda.

Non possiamo non essere responsabili, attraverso le nostre decisioni, della nostra esistenza e di quella di coloro che dipen­dono da noi. Da questa grande responsabilità derivano le paure connesse all’atto di decidere o di scegliere, tra diverse opportunità, la migliore. Queste paure si presentano sotto forme diverse, alcune addirittura opposte nelle motivazioni come negli effetti. Pertanto, il primo passo consiste nell’analisi delle varie forme della paura di decidere.

La paura dell’impopolarità. Le persone che ne sono vittima, infatti, sono continuamente ostaggio del loro volersi sentire apprezzati o amati dagli altri. In questo caso, quando il soggetto deve prendere una decisione spiacevole, avrà sempre il timore di perdere anche solo in parte la sua popolarità. Per lui sarà sempre un problema scegliere un’opzione che può dispiacere o far irritare qualcuno, ad esempio prendendo posizioni che inevitabilmente vanno contro gli interessi di una parte a vantaggio di un’altra. Ma, paradossalmente, è proprio la sua popo­larità a far sì che gli altri gli deleghino le responsabilità che lo inchiodano a tali atroci dilemmi. 

La paura di esporsi. In questo caso, oltre all’onere delle scelte ciò che spaventa è il presentarle, ovvero l’esporsi al giudizio altrui. La paura di esporsi viene il più delle volte tenuta nascosta per vergogna e per questo non affron­tata. Difatti chi subisce questa paura ten­de ad assumere atteggiamenti e comportamenti difensivi nei confronti degli altri, manifesta diffidenza e cerca di stare nell’ombra e di manipolare le altre persone indu­cendole a fare ciò che vuole evitare di fare in prima per­sona. La paura di esporsi viene il più delle volte tenuta nascosta per vergogna e per questo non affron­tata. Il parados­so è che la debolezza nascosta rimane tale oppure, se ben gestita, viene percepita al contrario come dote e capacità: non di rado queste persone fanno carriera dove possono gestire il potere manipolando gli altri senza esporsi.

La paura di non avere o di perdere il controllo. Qui ci si riferisce alla specifica forma di con­trollo dei processi decisionali e dei loro effetti: il timore può manifestarsi in relazione:

    • al reale potere di gesti­re la messa in atto delle decisione assunte (controllo iniziale);
    • oppure alla possibilità di perderne il controllo nelle fasi applicative successive.

La paura di non avere o di perdere il controllo co­stringe a ricercare la sicurezza di averlo prima di intraprendere l’azione; ma poiché, nella maggioranza dei casi, non è possibile ottenere tale assoluta certezza, la persona rimane intrappolata nel tentativo di raggiun­gerla. Questa necessità di anticipata sicurezza si trasforma spesso da buona modalità di controllo in ossessione di­sfunzionale che impone al soggetto di rivedere ripetutamente la correttezza dei propri processi decisionali o l’analisi ossessiva di tutte le eventuali possibilità. Maggio­re è il controllo, maggiore è la sensazione di perderlo. 

La paura di non essere all’altezza. Chi è afflitto da questa forma di paura nella sua espressione più severa tende a evitare ruoli di responsabilità e a prendere decisioni di scarsa importanza, delegando agli altri l’onere delle vere scelte. A uno sguardo più attento emerge un aspetto apparentemente paradossale: molti tra coloro che sono in questa condizione spesso giungono a ricoprire ruoli di responsabilità, poiché si impegnano molto più di coloro che non devono dimostrare ogni giorno a se stessi il pro­prio valore. Ma è esattamente il loro successo a esporli al timore di non essere all’altezza di compiti che appaiano sempre più impegnativi. Una sorta di gioco perverso per cui più ho successo nel vincere con il mio persecutore interno, più gli offro la possibilità di perseguitarmi. Come evi­denziava ironicamente Paul Watzlawick, quello che il soggetto ottiene è un «successo disastroso».

La paura di sbagliare. Il timore di commettere errori di valutazio­ne o di decidere fuori tempo rappresenta un dubbio lancinante, che tiene il soggetto responsabile in uno sta­to simile a quello di colui che è di fronte a un plotone d’esecuzione con i fucili spianati pronti a fare fuoco. Ciò che rende la paura di prendere una decisione sbagliata una vera e propria tortura non è la situazione oggettiva, ma la percezione da parte del soggetto che deve decide­re. Per quanto sembri sconcertante, può soffrire di più chi non ricopre ruoli cruciali  rispetto a chi deve assumersi la responsabilità della vita o della morte, poiché quest’ulti­mo di solito è bene addestrato alla valutazione delle op­zioni e al controllo delle proprie emozioni.

La paura di assumere una decisione può derivare quindi da istanze personali decisamente diverse e viene influen­zata direttamente, indirettamente o paradossalmente dal modo in cui il soggetto, nell’intento di gestirla o evitarla, struttura le proprie interazioni con gli altri e con il mondo che lo circonda. In altre parole: il soggetto effettivamen­te costruisce ciò che poi subisce; attivando e reiterando alcune psicotrappole (Nardone, 2013).

PSICO SOLUZIONI

Ne consegue che la soluzione del problema sta nel guidare la persona a sostituire le modalità disfunzionali con cui gestisce le situazioni con altre funzionali, allo scopo di cambiare, tramite l’esperienza di successo, le lenti con cui osserva la realtà; ovvero condurlo dalla condizione di colui che costruisce ciò che subisce a co­lui che costruisce ciò che gestisce.

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BIBLIOGRAFIA

«La paura delle decisioni. Come costruire il coraggio di scegliere per sé e per gli altri», G. Nardone, Ponte alle Grazie