Con la vita difficile e stressante che conduciamo esistono un sacco di cose che ci fanno soffrire davvero. Basta guardare un telegiornale per renderci conto delle tragedie quotidiane contro cui ci ostiniamo a combattere. Ma non si tratta solo di questo: nel corso della nostra vita subiamo perdite inevitabili, che vanno dalle storie d’amore e dalle persone che amiamo fino alle proprietà, alle aspettative, ai sogni di tutta una vita o anche all’amor proprio. Ovviamente sono situazioni del tutto naturali, per questo la natura ci ha fornito una serie di strumenti per risolvere questi problemi.
La prima cosa da fare sarebbe accettare la perdita. Essere tristi e piangere, la seconda. Con l’aiuto degli altri piano piano impariamo a difenderci. Impariamo che ogni perdita lascia un vuoto, ma che con il tempo questo vuoto sarà riempito da qualcos’altro. È questa la capacità di cambiare, raggiungere la maturità e l’essenza della vita.
Se tuttavia volete per forza diventare dei malati di mente e non vi sentite portati per nient’altro, potete approfittare della grande opportunità che vi è capitata tra le mani. Al primo incidente di questo tipo:
- non piangete;
- non pensateci o pensateci troppo;
- evitate di parlarne con amici o parenti o, al contrario, parlatene fino all’esasperazione;
- dirigetevi immediatamente da uno psichiatra (anche un medico generico puo’ andar bene), di quelli che non sprecano più di 10 minuti a visita. Raccontategli come vi sentite e se lo vedete tentennare ditegli che avete già pensato di farla finita (può essere vero). Ne uscirete con una ricetta di antidepressivi e una diagnosi di depressione tout court.
In ultima istanza, avrete anche la possibilità di prendervi un congedo o persino di farvi ricoverare. In tal caso potrete approfittarne per scombinare i vostri ritmi e magari per studiare qualche altra malattia.
Un solo episodio però non vi darà diritto alla diagnosi di ‘Depressione unipolare ricorrente’. Perciò sarete costretti ad aspettare la successiva disillusione per ripetere l’operazione.
Se in passato siete già riusciti ad avere un episodio depressivo che poi è finito (quando avete colmato la perdita, ma soprattutto quando avete smesso di prendere le pasticche e siete tornati alla vostra vita di sempre), costruire un’altra depressione dopo un po’ di tempo sarà molto piu’ semplice perché ormai avrete imparato dall’esperienza e conoscerete le soluzioni fallimentari migliori che fanno al vostro caso.
Prima di tutto stabilirete il periodo dell’anno più propizio alla vostra depressione e sarete in grado di automatizzare le pratiche che vi procurino un peggioramento. Ci sono persone che imparano a individuare la depressione da minimi indizi del quotidiano e sono meravigliosamente bravi a costruirci sopra un castello.
Mi riferisco, in particolare, al modo di reagire vostro e degli altri. Quest’ultimo dettaglio è molto importante, perché non si può mai conoscere in precedenza la reazione degli altri:
- potranno trattarvi male, reazione che magari vi aiuta a fare meglio la vittima;
- ma potranno anche cercare di trattarvi nel miglior modo possibile, e questo può aggravare il vostro senso di colpa e peggiorare il quadro;
- infine potrebbero sottomettersi ai vostri capricci, il che vi darà un immenso potere.
Conoscerete anche il modo migliore per evitare di fare cio’ che potrebbe aiutarvi a migliorare rapidamente:
- ascoltare musica;
- leggere o scrivere;
- lavorare di più o di meno;
- cambiare vita;
- fare attività fisica;
- fare acquisti;
- e se tutto cio’ non basta, chiedere un aiuto concreto.
Voi invece vi buttate sul letto e prendete pasticche. Perché per difendervi dalla tristezza non avrete appreso altro modo che rivolgervi al medico, neurologo, psichiatra. Ho un solo consiglio: se volete raggiungere questo obiettivo patologico, non andate mai da uno psicologo! Dal momento che non può prescrivervi pasticche, potrebbe anche insegnarvi ad utilizzare una qualunque delle difese che già possedete ma che non avete mai esercitato o non l’avete fatto in modo efficace.
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L’idea di descrivere i meccanismi per complicare i problemi anziché quelli per risolverli deriva dalla consapevolezza clinica che gli esseri umani sono prima artefici e poi vittime delle realtà che costruiscono. Come ricorda Von Foerster (2001), «la realtà non è che la costruzione di coloro che credono di averla scoperta e analizzata. Ciò che viene ipoteticamente scoperto è un’invenzione, il cui inventore è inconsapevole del proprio inventare e considera la realtà come qualcosa che esiste indipendentemente da sé».
Negli ultimi trent’anni il sistematico processo di «ricerca-intervento» portato avanti dal Centro di Terapia Strategica di Arezzo, ha permesso di individuare una serie di «tentate soluzioni» messe in atto con l’intento di risolvere i problemi ma che, in realtà, anziché risolverli, li alimentano trasformandoli in vere e proprie patologie (Watzlawick e Nardone, 1997).
Solo se ci si occupa di come i sistemi umani costruiscono i problemi e persistono nel mantenerli si puo’ arrivare a progettare e applicare pratiche strategie di intervento capaci di produrre rapidi e risolutivi cambiamenti in tali sistemi.