«L’unica cosa a cui non riesco a resistere sono le tentazioni»
Con il termine “Bulimia” si intende un quadro patologico caratterizzato dall’irrefrenabile compulsione a mangiare, basata prevalentemente sul desiderio sfrenato del consumo di cibo e non tanto sul bisogno biologico della fame (Nardone et al, 1999; Nardone, 2003).
Etimologicamente il termine Bulimia significa “fame da bue” e non è da confondere con la Sindrome da Vomiting che nei manuali psichiatrici viene chiamata anche erroneamente Bulimia nervosa o Anoressia nervosa.
Nello specifico la ricerca-intervento su pazienti in sovrappeso e/o con disturbo del comportamento alimentare compiuta presso il Centro di terapia strategica di Arezzo (Nardone et al, 1999; Nardone, 2003; Nardone, Selekman, 2011) ha portato all’identificazione di 3 tipi di pazienti bulimici, connotati da specifici pattern di percezione e reazione nei confronti del cibo e del proprio corpo:
1)BOTERIANI: i “boteriani”, che ricordano le figure dei quadri di Botero, sono soggetti, tanto di sesso maschile che femminile, per i quali il cibo è puro godimento, mangiano continuamente in assenza di vere e proprie abbuffate.
Generalmente i boteriani non si preoccupano del peso, ma giungono all’attenzione clinica perché esortati dai familiari o dai medici a causa delle complicazioni fisiologiche legate al sovraccarico ponderale cui vengono sottoposti gli organi. Da un punto di vista psicologico questi soggetti percepiscono il cibo e la sua assunzione come piaceri irrinunciabili.
2)CARCIOFO: per i pazienti “carciofo”, invece, il cibo ha una funzione compensativa o protettiva della possibilità di esperire sensazioni temute o avverse. Essere sovrappeso, e quindi esteticamente meno desiderabili di quanto potrebbero essere se fossero più magri, rappresenta una sorta di corazza per lo più nei confronti di problematiche affettivo-relazionali (le scorze del carciofo proteggono il suo cuore tenero e sensibile).
A differenza dei boteriani, i pazienti carciofo lottano contro il peso e il cibo, ma per quanto si sforzino di mettersi costantemente a dieta gli esiti sono sempre due: o non ci riescono, oppure ci riescono per un po’ di tempo ma finiscono poi per ricadere nella sintomatologia bulimica, in particolare quando si scontrano con eventi percepiti come troppo paurosi o dolorosi.
3)YO-YO: i pazienti “yo-yo”, infine, alternano periodi di osservanza a un regime dietetico, durante i quali riescono a perdere molti chili, a periodi di alimentazione incontrollata in cui riacquistano tutto il peso perduto. In questo caso la percezione del sovrappeso è assai negativa; pertanto l’ambizione è quella di seguire una dieta rigida, suddividendo i cibi in «buoni» (a basso introito calorico) e «cattivi» (ad alto introito calorico). Ma proprio questa strategia si rileva nel tempo una tentata soluzione disfunzionale che contribuisce al mantenimento del problema nel presente e nel lungo periodo.
La relazione con gli alimenti basata esclusivamente sul controllo e sulla negazione conduce, infatti, ad alimentare il desiderio della persona verso tutti i cibi «vietati», i quali diventano sempre desiderabili, spalancando così le porte al paradosso secondo cui «più mi nego qualcosa, più la desidero, più ne vengo travolto» (Nardone, Balbi, 2008; Nardone, 2007).
Queste tre peculiari modalità di persistenza del problema relativo all’alimentazione e alla forma fisica, è bene rimarcarlo,
non derivano da un’analisi statistica avulsa dal concreto lavoro clinico con i pazienti, come avviene nel caso del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM), il sistema di classificazione adottato da gran parte della letteratura psichiatrica e psicologica tradizionale,
ma sono il risultato dell’interazione coi pazienti stessi e con le strategie terapeutiche che li hanno condotti a un outcome (esito) di successo, ovvero di quella che forse può essere ritenuta la ricerca applicata per eccellenza: la ricerca-intervento! (Lewin, 1946; von Foerster, 1973; Nardone, Portelli, 2005).
PSICO SOLUZIONI
Negli ultimi anni è stato formulato dal CTS di Arezzo il costrutto innovativo di “Dieta paradossale” che permette di sfruttare sia la leva del piacere in quei casi dove il cibo è percepito come un piacere irrinunciabile («Il limite di ogni piacere è un piacere piu’ grande»), sia la leva del controllo rispetto ai casi di eccessivo controllo che fa perdere il controllo («Se me lo concedo potro’ rinunciarvi, se non me lo concedo sarà irrinunciabile»)
Il protocollo di psicoterapia breve strategica per la bulimia, sottoposto a verifiche longitudinali empirico-sperimentali, ha mostrato validità transculturale e un’efficacia nel mantenimento del tempo dei risultati terapeutici pari all’88% dei casi (Nardone et al, 1999; Nardone, 2003; Nardone, Balbi, 2008; Nardone, Watzlawick, 2005).
Nardone G., Valteroni E. (2014), Dieta o non dieta. Per un nuovo equilibrio tra cibo, piacere e salute, Ponte alle Grazie (collana Saggi di terapia breve)