Passato

«È inutile indagare le occasioni mancate. Non sai mai se ti sei salvato dalla morte, o ti sei perso la vita vera»
Margaret Mazzantini

 

Noi es­seri umani non siamo altro che una grandiosa macchina fatta per guardare all’indietro e siamo bravissimi a ingannare noi stessi mentre lo facciamo. Possiamo odiare o amare il nostro passato.

Quando odiamo il passato, di solito, viviamo un presente immerso nella costante ruminazione:

  • su ciò che è stato fatto e non doveva essere fatto (RIMORSI);
  • o su ciò che non è stato fatto e doveva essere fatto (RIMPIANTI).

Non riusciamo a liberarci di fallimenti, frustrazioni, delusioni, realizzati o subiti, i quali fanno si che la nostra vita attuale non è quella che sarebbe senza di loro «Se le cose fossero andate diversamente magari ora...». 

Si puo’ essere illusi-delusi di sè (vittime di se stessi) «Potevo fare diversamente e non l’ho fatto…»

Chi è vittima di se stesso rischia di ignorare un paradosso cosi’ evidente da passare inosservato: Ognuno fa sempre, in ogni momento, quello che puo’ con quello che è e con quello che ha.

Non solo, anche se avessimo preso sempre decisioni perfette nel nostro passato, afferma il filosofo francese Henri Bergson ne il Saggio sui dati immediati della coscienza pubblicato nel 1889, la nostra vita sarebbe sempre un patetico fallimento rispetto a come l’abbiamo sognata: questo perchè i sogni sono «pregni di infinite possibilità», mentre la vita è una sola. In altre parole, è divertente fantasticare su tutte le cose meravigliose che potremmo fare solo prima di doverne scegliere una. Prendere una decisione, invece, è straziante, non solo perché potremmo sbagliare, ma perché ci costringe a sacrificare tutti i possibili futuri tranne uno. E se pure la più desiderata tra tutte si realizzasse, le altre andrebbero sacrificate. In un modo o nell’altro, cercare di evitare rimpianti o rimorsi è impossibile, e voler fare sempre la cosa giusta significa non fare mai nulla. 

In altre parole, non è che ci sia stato un tempo in cui potevamo scegliere o fare qualcosa di diverso, ma c’è stato un tempo in cui non avevamo ancora fatto scelte e dovuto affrontare sconfitte, afferma il filosofo Kieran Setiya,  in Midlife. A philosophical guide.

Si puo’ essere illusi-delusi del destino, del caso o della natura (vittime del mondo) «Non potevo fare diversamente da come ho fatto…»

Chi si sente vittima del destino o della propria natura, avverte su di sè il peso di una vera e propria condanna biologica: «Non posso fare altrimenti, sono nato cosi’…». Una colpa che non si può più prevenire e, pertanto, apparentemente senza rimedio. In questo caso cio’ che nella vittima di sè è liberatorio, ora sembra diventare una condanna: proprio perchè ognuno fa sempre, in ogni momento, quello che puo’ con quello che è, non posso fare altrimenti. Qui entra in gioco un ulteriore paradosso: fare quello che si puo’ con quello che si è rimane vero solo nel momento in cui non se ne è consapevoli. Nell’attimo stesso in cui si è consapevoli che non si puo’ fare diversamente da come si è, si diventa responsabili di quello che si fa con quello che si è. 

Fallimenti di successo e successi fallimentari

Inoltre, ammesso per assurdo che fosse possibile accertare una predisposizione genetica al fallimento, per avere realmente successo nel fallire non è sufficiente la sola vulnerabilità biologica, servono anche una grande perseveranza e capacità non comuni. Capacità che possono essere strategicamente utilizzate al fine di scegliere deliberatamente le proprie sconfitte, piuttosto che farsele impor­re dalla vita quando non si è pronti ad affrontarle. Solo chi è in grado di produrre fallimenti netti, infatti, puo’ essere in grado di padroneggiarli e servirsene con intelligenza. Al contrario chi non fosse in grado di realizzare veri fallimenti, saprebbe già come evitarli.

Il paradosso della vita, inoltre, dimostra che spesso  essere il migliore è la cosa peggiore ed essere il peggiore è la cosa migliore. Chi ha successo in ogni circostanza, infatti, non solo diventa assolutamente insopportabile agli occhi degli altri, ma in più concorre al proprio fallimento perché spinge chi non ha successo ad essere maggiormente creativo per raggiungerlo.

Si puo’ essere illusi-delusi degli altri (vittime degli altri) «Credevo che gli altri fossero…»

In realtà, ci deludono sempre le persone che deludiamo (credendo in loro). Siamo noi che deludiamo gli altri aspettandoci da loro qualcosa che non possono darci. Ma, come visto, rimpianti e rimorsi non hanno senso di esistere proprio perchè sono inevitabili. Quindi, per dirla con le parole di Epitteto: «Lo stolto dà la colpa agli altri, l’intelligente dà la colpa a se stesso e il saggio non dà colpe nè agli altri nè a se stesso».

Quando amiamo troppo il passato, invece, ci guardiamo indietro con un misto di nostalgia e malinconia per l’impossibilità di rivivere nel presente gli anni d’oro della nostra vita. Tendiamo ad avere un’opinione idealizzata del nostro passato esattamente come le persone che ci hanno preceduto avevano un’opinione idealizzata del loro passato (Sindrome dell’epoca d’oro).

Peccato che non sia mai esistita un’epoca d’oro e mai esisterà. Anche il presente di allora, come quello di oggi, è stato un po’ insoddisfacente perché è la vita stessa ad essere un po’ insoddisfacente. E se il passato a volte ci sembra più felice del presente, è perché ci ricordiamo l’aspettativa delle esperienze cui andavamo incontro, piu’ che le esperienze stesse. In realtà, non idealizziamo il passato ma le possibilità che ci sembravano illimitate.  Anche se, allora come oggi, le nostre possibilità erano decisamente limitate, e quasi tutti i nostri sogni erano destinati al fallimento, solo che non sapevamo quali. 

La nostalgia per la gioventù perduta comporta anche un altro equivoco: non vorremmo veramente tornare a essere quello che eravamo. Vorremmo essere come siamo adesso e tornare indietro nel tempo.

«Non lasciatevi ingannare dalla nostalgia di quel che poteva essere. Non poteva essere nient’altro, altrimenti lo sarebbe stato»

Photo by Laura Fuhrman on Unsplash

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