Ipocondria / Patofobia

«Mi fa male l’ulcera…» «Ma i medici hanno detto che non ce l’hai?!» «Hanno detto che non me l’hanno trovata, no che non ce l’ho!» Woody Allen, Basta che funzioni

Tutti possiamo essere preoccupati per la nostra salute, soprattutto se avvertiamo delle sensazioni di dolore o delle alterazioni che percepiamo come minacciose. Gran parte di queste preoccupazioni si dissolvono spontaneamente. In alcuni casi, pero’, possono persistere e rovinare la qualità della vita.

Esistono due forme principali di disturbi ipocondriaci:

1) L’IPOCONDRIA (propriamente detta):

L’ipocondriaco va nel panico per qualunque minima alterazione del proprio organismo e trasforma il minimo dolore in sintomo sicuro di una grave patologia organica. Spesso arriva ad essere cosi’ stressato dalla lotta costante contro ogni minima sensazione minacciosa da provocare un abbassamento delle difese immunitarie e divenire letteralmente artefici di cio’ che teme.

Le preoccupazioni ipocondriache sono eterogenee e possono riguardare numerosi apparati o processi psicologici, in momenti diversi o simultaneamente. Ci si preoccupa per:

Normalissime funzioni corporee (es. il battito cardiaco, la pressione arteriosa, la peristalsi o la sudorazione);

Regolari variazioni fisiologiche (es. il raffreddore o un colpo di tosse);

Sensazioni somatiche vaghe o ambigue (es. il «cuore affaticato» o le «vene dolenti», vengono sospettate di essere segni di malattia che “devono” essere indagati);

Alterazioni fisiche di lieve entità (es. piccole ferite…).

Chi ne soffre, anche se a livelli di consapevolezza diversificati, riconosce l’esagerazione delle proprie preoccupazioni, addirittura ammettendo che non vi è proprio nessuna patologia. Cio’ nonostante la preoccupazione riguardante le malattie temute diviene un elemento centrale dell’immagine di sé, un argomento abituale di conversazione e una modalità di rispondere agli stress della vita.

2) La PATOFOBIA (o Fobia delle malattie): sindrome clinica simile all’ipocondria dalla quale si differenzia, tuttavia, per queste caratteristiche:

  • l’uniformità e stabilità nel corso del tempo del tipo di preoccupazione fisica verso cui il soggetto pone le sue attenzioni: il patofobico usualmente si fissa su una singola e specifica forma di pericolo per la sua salute e la combatte in modo ossessivo. Ad esempio, chi soffre di fobia di malattia e vive nell’angoscia di sviluppare un tumore, difficilmente sposterà la sua paura su di un’altra malattia o un’altra preoccupazione fisica;
  • solitamente, le preoccupazioni ricadono su malattie con decorso e prognosi peggiori: il patofobico teme principalmente le sindromi fulminanti (es. cardiopatie, aneurisma…) anche se, talvolta, puo’ fissarsi anche su patologie a lenta progressione (es. tumori, malattie degenerative e infettive...);
  • inoltre la paura tende a manifestarsi con attacchi d’ansia acuta piu’ che con preoccupazioni costanti, croniche, come avviene, invece, nell’ipocondria.

È importante notare come la tendenza a vivere e comunicare lo stress psicologico sotto forma di sintomi fisici sia un fenomeno che interessa almeno 1/3 dei pazienti che si presentano dal medico di famiglia e solo in rarissimi casi arrivano a consultare uno psicologo specializzato, con conseguenze disastrose sia per il sistema sanitario nazionale, sia per il medico stesso che si trova ad affrontare quotidianamente qualcosa che non riguarda le proprie competenze specifiche!

«È meglio avere una malattia certa che l’incertezza di avere una malattia»

IPOCONDRIA E PATOFOBIA

ISTRUZIONI PER DIVENTARE IPOCONDRIACI

PSICO SOLUZIONI 

CONSIGLI PER FAMILIARI ED AMICI


BIBLIOGRAFIA:

Nardone Giorgio (2013), Psicotrappole, ovvero le sofferenze che ci costruiamo da soli: imparare a riconoscerle e a combatterle, Milano: Ponte alle Grazie.


2 commenti Aggiungi il tuo

  1. Alessandro Paoloni ha detto:

    se il patofobico è un medico (OnCOLOGO TRA L’ALTRO)? se oltre alla paura di avere malattie si aggiunge la paura che le abbiano i propri cari (TARTASSANDOLI DI ESAMI E RENDENDO LoRO LA VITA DIFFICILE)?

    1. Dr. Marco la Torre ha detto:

      Gentile Alessandro,
      scusandomi per il ritardo con cui Le rispondo,
      io direi “non a caso” un medico oncologo, in quanto sono proprio determinate caratteristiche caratteriali come la scrupolosità e la meticolosità che permettono di avere successo nella professione medica.
      Tuttavia, come lei ben saprà, quando le nostre virtu’ sono portate all’eccesso si tramutano in difetti, e cio’ che prima funzionava, cio’ che ci rendeva migliore, quando esercitato oltre il limite, produce gli effetti contrari come la medicina che oltre un certo dosaggio diventa veleno.
      Detto questo, ci si puo’ preoccupare oltremodo sia della propria salute, sia della sorte dei propri familiari (e a volte anche di amici o conoscenti), ma la logica di persistenza del problema rimane la medesima (il controllo che fa perdere il controllo) e cosi’ la logica di soluzione.
      Non conoscendo il caso particolare e volendo fare una incauta generalizzazione posso dirLe che, il modo piu’ rapido ed efficace per intervenire su un’ossessione fobica (che riguardi se stessi o sia rivolta verso altri), è la messa a punto di prescrizioni ad hoc che calzino alla situazione specifica e che permettano, da un lato, di assecondare la spontaneità del sintomo attraverso una richiesta volontaria di esecuzione dello stesso, e, dall’altro, di impossessarsi del sintomo indicando come farlo e quante volte farlo.
      Ciò consente al soggetto di acquisire indirettamente la capacità di controllare la sua sintomatologia invece di esserne schiavo (perchè se puo’ farlo volontariamente, puo’ volontariamente non farlo!) e di cominciare a mettere in dubbio la propria percezione, quella di essere totalmente posseduto dalla sua ossessione fobica.
      Quest’ultimo rappresenta il vero obiettivo dell’intervento, che non si limita ad estinguere il sintomo in tempi brevi, ma si propone una profonda ristrutturazione della peculiare modalità di percepire e reagire nei confronti della realtà, passando da una disfunzionale (es.prevenzione ossessiva) ad una piu’ funzionale e adattiva (es. sana prevenzione). Questo permette di garantire risultati duraturi nel tempo e di evitare il piu’ possibile il rischio di ricadute.
      Spero di esserLe stato utile in qualche modo
      Saluti
      Dr Marco la torre

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