«Camminavo lungo la strada con due amici, quando il sole tramonto’, il cielo si tinse all’improvviso di rosso sangue, mi fermai, mi appoggiai stanco morto a un recinto sul fiordo nerazzurro e sulla città c’erano sangue e lingue di fuoco, i miei amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura e sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura»
E. Munch “L’urlo” 1893
La leggenda mitologica racconta che il divertimento preferito del dio Pan, divinità della mitologia greca da cui ha origine il termine panico, consisteva nel comparire all’improvviso dinanzi a gente addormentata nel riposo pomeridiano, provocando sensazioni di terrore. La vittima dello scherzo entrava in uno stato di tale angoscia da avere l’impressione di essere sul punto di morire.
COS’È
In analogia alle sensazioni dei poveri malcapitati del racconto mitologico, chi soffre di tale disturbo prova in ogni attacco un terrore incontrollabile come per una condanna incombente: il panico, infatti, rappresenta la forma piu’ estrema della paura e puo’ essere definito come un escalation di sensazioni fisiche e psichiche che avviene in un periodo preciso (10-20 minuti), dominate:
dalla percezione di una incontenibile:
- PAURA DI UN DISASTRO FISICO: morire (es. avere un attacco di cuore o un ictus);
- PAURA DI UN DISASTRO SOCIALE O PSICOLOGICO: perdere il controllo del proprio corpo o della propria mente e impazzire (es. svenire, dire o fare delle cose bizzarre, strane, imbarazzanti o vergognose...).
e da un tipico corteo sintomatologico:
palpitazioni, cardiopalmo o tachicardia – sudorazione – bocca secca – tremori fini o a grandi scosse – dispnea (respiro affannoso) o sensazione di asfissia (soffocamento, mancanza d’aria) – sensazione di costrizione o dolore al torace – nausea o disturbi addominali (nodo allo stomaco) – sensazioni di instabilità o di svenimento (testa leggera, visione annebbiata e debolezza delle gambe) – derealizzazione (sensazione di irrealtà) – depersonalizzazione (essere distaccati da se stessi) – blocco dei pensieri: sensazione di non riuscire a pensare chiaramente o di non riuscire a parlare – parestesie (sensazioni di torpore o formicolio a mani e/o piedi) – brividi di freddo o vampate di calore – esigenza irrefrenabile di fuggire e chiedere aiuto o protezione.
Altra differenziazione caratteristica è relativa alle circostanze in cui si manifestano i momenti critici, infatti, il panico puo’ rivelarsi come un disturbo a sé stante oppure come manifestazione/sintomo di moltissime condizioni diverse.
In base alle circostanze che lo scatenano, l’attacco di panico puo’ essere suddiviso in 3 tipologie:
- INASPETTATO (non provocato): l’attacco non è caratterizzato da un evento scatenante e si manifesta all’improvviso, “a ciel sereno”;
- SENSIBILE ALLA SITUAZIONE (situazionale): l’attacco ha piu’ probabilità di manifestarsi in concomitanza con una determinata situazione, ma questo non accade sempre o sempre con le stesse modalità;
- CAUSATO DA UNA SITUAZIONE (provocato): l’attacco si manifesta sempre in concomitanza con una determinata situazione ansiosa, scatenante.
Nel primo caso non esiste possibilità di previsione e il panico puo’ manifestarsi in qualunque circostanza, percio’ la persona non ha la possibilità di controllare le situazioni ma è continuamente sotto stress da allertamento. In tale condizione, cio’ che fa scatenare il terrore non è una circostanza esterna ma anche la ben che minima alterazione del proprio organismo (es. un lieve alterarsi del battito cardiaco, una sensazione di non perfetto equilibrio, il sentirsi non perfettamente lucidi...)
Nel caso, invece, di un attacco di panico situazionale o provocato (es. nell’agorafobia con panico o nella claustrofobia con panico), la crisi di paura pervasiva è associata a specifiche situazioni come il rimanere da soli, l’allontanarsi da luoghi sicuri, l’entrare in luoghi chiusi o trovarsi in mezzo alla folla. Di conseguenza gli attacchi possono essere previsti e le persone tendono ad organizzare la propria vita sulla base dell’evitamento di tali prevedibili minacciose circostanze.
BIBLIOGRAFIA:
Nardone Giorgio (2013), Psicotrappole, ovvero le sofferenze che ci costruiamo da soli: imparare a riconoscerle e a combatterle, Milano: Ponte alle Grazie.